Ho incontrato l’imprenditore Sergio Scorza a narrò presso gli uffici della sua azienda. Il suo gruppo (SES), dopo aver consolidato la sua presenza nei settori delle tecnologie avanzate (impianti per reti telematiche a banda larga, per il trasporto di energia elettrica MT/bt, posa di cavi in fibra ottica e linee telefoniche), attraverso le sue controllate Ses Srl, Italcostruzioni Srl e Italgreci Srl, ha sviluppato una notevole esperienza nella progettazione e realizzazione di reti per la distribuzione di gas metano. Ed oggi, in un’ottica volta allo sviluppo nella diversificazione guarda soprattutto al turismo. Confesso che non lo conoscevo affatto: ciò in un certo senso, invece che pesare ha finito per rendere l’intervista ancora più veritiera e indubbiamente più interessante. Quarantasette anni, decisamente ben portati, Sergio Scorza è sposato con la signora Fernanda ed ha tre figli: Federica, Francesca e Andrea. Affabile, sorridente e abbronzatissimo, ha una qualità rara, quella di farti sentire sempre a tuo agio. Mi ha accolto nel suo studio, arredato con gusto, una signorina gentile ci ha offerto un caffè. e poi abbiamo cominciato a chiacchierare. Di tutto. Abbiamo parlato del Salento, delle difficoltà fare impresa, ma anche di politica, di turismo. Ora, ritiro immediatamente tutto quello che spesso ho pensato sulla classe imprenditoriale nostrana, incolta e legata al “proprio particolare”. beh, se spesso è vero, non è assolutamente il caso di Sergio Scorza. E’ un osservatore attento della realtà, una persona che si informa, che crede così fortemente in quello che fa da riuscire a trasmetterlo. E ci riesce bene. Mi è venuto da sorridere quando ho ascoltato alcune sue considerazioni sul turismo che avevo sentito solo pochi giorni prima ad un convegno della Federalberghi, cui ho ho assistito, a Rimini. Lo confesso: ho pensato non male per essere un imprenditore “nostrano”. Eppure Sergio Scorza è uno di quelli che si è fatto da sé, uno di quelli che ha dovuto abbandonare presto la scuola, per necessità, perché era necessario correre e portare il pane a casa. Si è messo in proprio che non aveva neanche venticinque anni. Gli americani dinanzi a questi piccoli miracoli di una umana virtù scomodano l’espressione: “self made man”. Indubbiamente farsi da soli è cosa è cosa non facile in generale ad ogni latitudine, nel sud d’Italia probabilmente la difficoltà è esponenziale. Adesso dirige un’azienda che ha circa 500 dipendenti, di cui è orgoglioso.
Intervista
Qual è la cultura aziendale alla base della sua attività?
La cultura della lealtà, il rispetto soprattutto delle risorse umane che hai attorno. Perché bisogna fare innanzitutto gruppo, bisogna fare squadra per poi poter avere successo. Innanzitutto avere degli obiettivi. Credere in tutto ciò di cui l’imprenditore si circonda: dall’ambiente alla realizzazione di quella che è la propria attività per il raggiungimento degli scopi, per poi arrivare al dovere di produrre reddito. Naturalmente l’imprenditore deve
avere: caparbietà, tenacia, perseveranza, costanza.
Cosa significa fare impresa nel Salento, oggi?
Fare impresa oggi nel Salento significa soprattutto credere in quello che si fa. Avere le idee chiare su ciò che si vuole fare, sugli obiettivi che uno si prefigge di raggiungere, non badando, non scoraggiandosi per quelli che sono tutti gli ostacoli che si i possono incontrare: dalla pubblica amministrazione, ad ostacoli di carattere sociale o altro. Non bisogna scoraggiarsi perché tutto sommato l’imprenditore è un corridore, è uno che pedala ed il percorso è pieno soprattutto di insidie, di burocrazia, e se vogliamo soprattutto di “ingiustizie”. Non si deve, tuttavia, scoraggiare, deve andare avanti, anzi deve pedalare con maggior forza.
Quante ne ha subite ingiustizie Sergio Scorza?
Non sono qui ad elencare le cose negative. Perché io le cose negative le metto da parte e guardo positivamente avanti. E questo mi ha dato molta forza. Ho cercato di essere sempre leale c‘ me stesso ed anche con gli altri. E’ stato un processo di crescita lento ma continuo.
Quali sono le prospettive future della sua azienda?
Tante! Abbiamo così tanti progetti futuri che stiamo facendo una selezione attenta. Un tempo, quando ero ragazzo, mio padre portava quasi tutti i pomeriggi in campagna, naturalmente per necessità. All’epoca odiavo la campagna, oggi ne rimango affascinato e amo più la campagna del mare. Per quanto riguarda il futuro mi sono guardato intorno e mi sono convinto che la prima cosa e l’ambiente, che va tutelato e salvaguardato. Noi nelle nostre periferie troviamo rifiuti di ogni natura: dai rifiuti ingombranti a quelli edili. Sono abbandonati dappertutto: è una vergogna vedere i nostri muretti a secco demoliti dal tempo con accanto cumuli di rifiuti edili. lo sono un imprenditore c conto di fare qualcosa, per quello che posso, anche per questo.
In cosa consiste il progetto del frantumatore che a Nardò ha provocato non poche polemiche?
Qui riconosco di aver tatto un errore come imprenditore. Ho peccato d’inesperienza, se vogliamo. Perché in futuro mi riprometto di ravvisare la gente attraverso una conferenza pubblica sui progetti imprenditoriali che io porto avanti. Perché i nostri progetti sono chiari e luminosi come il sole. Noi non possiamo permetterci il lusso di fare errori. Non ne abbiamo commessi in passato e tutto quello che abbiamo realizzato lo abbiamo fatto sempre nel rispetto dell’ambiente. Intanto a fianco all’impianto, per tranquillizzare chiunque avesse dubbi sul progetto, a circa cento metri in linea d’aria, abbiamo acquistato una masseria. Si tratta della masseria Corillo, per il cui recupero abbiamo già investito circa 4 miliardi, abbiamo fatto il consolidamento statico di alcuni beni culturali vincolati dalle belle arti, una chiesetta del 1700 e una torre del 1500. Ed intendiamo operare ulteriori cospicui investimenti. Con la collaborazione di professionisti di livello nazionale, stiamo realizzando un progetto che, puntando sul turismo, possa portare benessere e sviluppo economico a tutta Yarea. Ed allora proprio nelle prossimità possiamo creare un mostro? Lederebbe i nostri stessi interessi. l’impianto si trova da diversi anni a circa dodici metri di profondità in cave già esistenti; è ad alta tecnologia, è a norma, non solleva polveri, essendo dotato di polverizzatori. Non siamo ancora partiti, quando avremo tutte le autorizzazioni, soltanto allora partiremo. L’impianto non produce, ma ricicla i materiali provenienti da demolizioni edili, che possono cosi essere riutilizzati in altri riempimenti o colmature. ll materiale di rifiuto edile selezionato e lavorato diventa riutilizzabile. Tutto ciò, nello stesso tempo, bonifieherà il territorio.
Lei ha cominciato con gli impianti elettrici, poi è passato alla metanizzazione, le nuove prospettive indicano un forte interesse per il turismo. Per quale ragione?
A noi basta poco per sviluppare il turismo, perché il territorio ci dà la base. Noi abbiamo un clima eccezionale, ma non siamo stati capaci di de-stagionalizzare. Noi puntiamo soltanto sul mare nei 40 giomi estivi: ed è sbagliato. Noi dobbiamo puntare all’entroterra, facendo star bene la gente, a contatto con la natura, con le piante e con fauna, e offrendo occasioni per fare sport, per assaporare le nostre specialità gastronomiche, per godere degli itinerari culturali. Questo è il pacchetto di esperienze da offrire. Possiamo e dobbiamo offrire i centri storici di Otranto, Martano, Cursi, Melpignario, Nardò, Gallipoli.
Non le pare che dal punto di vista turistico ci manchi la cultura dell’accoglienza?
Noi dobbiamo averla. Il turista è un cliente. lo ho avuto successo nella mia attività imprenditoriale, lavorando con il pubblico e considerando il pubblico un cliente e non una cosa astratta. Questa è stata la mia forza. Perché non c‘è miglior pubblicità del cliente che va via soddisfatto. Il passaparola: questa è la cosa più importante.
Cosa manca al Salento, agli occhi di un imprenditore?
Soprattutto mancano progettualità e capacita di autocritica da parte della classe imprenditoriale, così come da parte di quella politica, a livello regionale, provinciale e comunale. Basti pensare alla mancanza di efficaci infrastrutture, quali le vie di comunicazione. Lecce è un imbuto: un nostro autocarro, da Lecce alla zona industriale impiega oltre tre quarti d’ora. Si guarda all’immediato, probabilmente perché manca la visione a lungo termine. L’aeroporto di Brindisi, ad esempio, potrà essere sufficiente per tutto il Salento a patto, però, che venga ampliato. Se ciò non dovesse verificarsi, tra qualche anno, con il grande incremento soprattutto dei flussi turistici, non si riuscirà più neanche a decollare. E che dire, poi, dei parcheggi. Sono una necessità, un obbligo perché ormai anche i nostri centri sono soffocati. I mezzi pubblici di trasporto ci sono, ma non sono stati sufficientemente pubblicizzati: forse bisognerebbe portare Claudia Schiffer per attirare utenti!
Qualcuno ha detto che è assurdo che Nardò sia così tra cittadine come Maglie e Galatina, evolute e dinamiche.
Nardò è un paese con una cultura prettamente agricola: non è riuscito ad uscire da questa dimensione. L’area industriale dà segnali di crescita e di sviluppo, mentre il commercio sembra arenato. Nel processo di crescita la politica è fondamentale. Io auguro alla prossima amministrazione di metterci un po’ più di progettualità soprattutto ai fini dello sviluppo del territorio.
Quello che fa più paura al giorno fuggi…
Se vogliamo, la superficialità con cui il mondo politico affronta certe problematiche d’interesse generale. Pensi, ad esempio, alla questione riguardante il porticciolo.
Allude a Serra Cicora?
Io non difendo quell’iniziativa, ma non si può non premiare il coraggio di un imprenditore, che ha già investito in un’infrastruttura turistica sul nostro territorio. Nella località in questione pochissimi vanno a fare il bagno, perché le acque sono molto profonde. Posso dire che rappresenta il posto ideale per un porto turistico, che si porrebbe in un tratto strategico tra Gallipoli e Taranto.
Ci sarebbe anche Porto Cesareo…
Pure Porto Cesareo, ma non sono sufficienti. Ormai servono infrastrutture per poter ricevere queste imbarcazioni, altrimenti vanno da un’altra parte ed anche l’economia va da un’altra parte. Le cose oggi devono essere fatte nel rispetto dell’ambiente, ma non devono essere ostacolate per partito preso o per posizioni politiche. Se così fosse, sarebbe il danno più grave che possa accadere.
La gioia più grande…
La soddisfazione più grande di un imprenditore è quella di riuscire a raggiungere gli obiettivi prefissati. Ma non posso sottolineare che un’altra soddisfazione e percepire la condivisione degli obiettivi da parte dei miei collaboratori.
Il maggior dispiacere…
Io ho avuto tanti piccoli dispiaceri, ma me ne sono dimenticato subito. lo sono un positivo. Non lego i ricordi ai dispiaceri. L‘unico dolore che ho dentro è stata la perdita di mia madre, quando avevo appena diciotto anni.
Il sogno nel cassetto…
Poter dare continuità a questa azienda e al gruppo che ho creato:è la sfida più difficile. Tramandare ai figli la stessa cultura imprenditoriale… e non e facile. Oggi il giovane guarda soprattutto al benessere immediato. Non è molto lungimirante. Mi auguro in questo senso di avere fortuna con i miei figli.
Come trascorre il tempo libero dagli impegni di lavoro?
Il mio tempo libero è soprattutto riposo, perché lavoro molto. Si tratta di circa quattordici ore al giorno. Il fine settimana preferisco fare jogging oppure fare delle lunghe passeggiare nel Parco di Portoselvaggio oppure a Corillo.
C’è una domanda che non le ho fatto e che le sarebbe piaciuto ricevere?
Sì. Riguarda la mia soddisfazione maggiore. All’età di 24 anni ho dato lavoro a persone che ne avevano 45 ed ero molto imbarazzato. Ora queste le ho accompagnate alla pensione. Ed abbiamo festeggiato. Attualmente sto investendo molto in giovani laureati, anche di concerto con l’Università di Lecce, attraverso il finanziamento di alcuni Master. Ho visto che i giovani qui nel Salento sono vivi ed hanno molta voglia di fare; stanno cominciando a credere anche nel privato e questo immagino che porterà sviluppo e linfa nuova a tutte le attività produttive del territorio.